Un
uovo-mondo, mi piace. Ho poi saputo che aveva una sua storia… Il
giorno successivo alla conferenza, Marina era andata in un garden con
la figlia di cinque anni sia per farle passare il tempo, sia per
comprarsi un pendolo. Ovviamente non lo aveva detto alla bambina, che
però quando arrivata a tiro, si era diretta decisa proprio verso il
banco delle pietre e aveva scelto un pendolino di agata fucsia.
Attratta dal colore? Forse anche, ma non aveva preso una pietra
sfusa. Poi aveva passato in rassegna quanto esposto, avanti e
indietro, come a cercare qualcosa. E di nuovo aveva scelto, stavolta
un uovo di opale. ”Compra anche questo, ti servirà dopo”.
Probabilmente aveva “sentito” l’esigenza della madre ed aveva
appoggiato la sua ricerca grazie all’eco di un’esperienza antica.
Nello sciamanesimo, amerindio e non, l’uovo di pietra serviva a
rimuovere le energie pesanti accumulatesi nelle persone.
I bambini,
se non fagocitati da tivù e videogiochi, sino agli 8 anni ricordano
qualcosa del loro prima e le madri attente se ne accorgono. Consiglio
loro di segnare su un quaderno queste incursioni del passato, senza
preoccuparsi, poiché le esperienze successive prevarranno insieme a
nuovi interessi. Quegli appunti potrebbero servire quando,
finito il periodo di latenza, o di oblio, chiamatelo come vi pare,
l’adulto cercherà una direzione o delle risposte. Non siamo solo
una mente in un corpo, ma esseri scesi per trasformare il proprio
uovo-mondo.
“Se
ci credi ti basta perché / poi la strada la trovi da te”. Ve la ricordate? È L’Isola che non c’è di Edoardo Bennato; val la pena risentirla.
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